Le cappe chimiche da laboratorio sono tra i dispositivi di sicurezza più importanti per chi lavora quotidianamente con reagenti volatili, vapori tossici o solventi organici. Sebbene vengano spesso confuse con le cappe biologiche, le cappe chimiche rispondono a esigenze del tutto diverse, sia in termini di protezione che di funzionamento.
In questo articolo, facciamo chiarezza su cosa sono, come funzionano, quando sono obbligatorie, quali filtri utilizzano, quanto durano e come si classificano. Concluderemo con un confronto tra cappe chimiche e cappe di sicurezza biologica per evitare ogni ambiguità.
Cosa sono le cappe chimiche da laboratorio?
Le cappe chimiche (note anche come cappe aspiranti, cappe a espulsione o fume hoods in inglese) sono dispositivi di protezione collettiva progettati per contenere ed eliminare vapori, gas e fumi pericolosi generati da reazioni chimiche o durante l’uso di sostanze volatili.
La loro funzione principale è proteggere l’operatore e l’ambiente da inalazioni o esposizioni a contaminanti chimici potenzialmente dannosi. Non sono pensate per proteggere il campione, ma esclusivamente per evitare la diffusione di sostanze nocive nell’ambiente di lavoro.
A cosa servono le cappe chimiche?
Le cappe chimiche sono utilizzate per:
- Reazioni chimiche con emissione di vapori o gas tossici (es. ammoniaca, cloro, acido solfidrico).
- Uso di solventi organici volatili (es. acetone, etere, cloroformio).
- Trasferimenti o preparazioni di sostanze corrosive, infiammabili o pericolose.
- Evaporazioni controllate in ambienti ventilati.
È importante sottolineare che non sono adatte alla manipolazione di agenti biologici come virus, batteri o colture cellulari. In questi casi, si utilizzano cappe a flusso laminare o cappe di sicurezza biologica (BSC), che forniscono una protezione anche per il prodotto manipolato.
Quando è obbligatorio l’uso delle cappe chimiche?
Le cappe chimiche sono obbligatorie in tutte le situazioni in cui si lavora con sostanze pericolose che possono sviluppare vapori tossici o nocivi. La normativa italiana di riferimento è il D.Lgs. 81/2008, in particolare l’articolo 225, che impone misure tecniche per proteggere i lavoratori dagli agenti chimici pericolosi, tra cui la ventilazione aspirante localizzata.
Questo significa che, ogni volta che viene effettuata una lavorazione con sostanze volatili, è necessario utilizzare una cappa chimica per evitare l’esposizione inalatoria.
Le cappe chimiche sono dispositivi di protezione collettiva?
Sì. Le cappe chimiche rientrano a pieno titolo nei dispositivi di protezione collettiva (DPC), ovvero quei sistemi progettati per proteggere tutti gli operatori presenti in laboratorio (e non solo chi indossa un DPI personale).
Questo le differenzia dai DPI individuali, come maschere, guanti o occhiali protettivi, che devono sempre essere usati in aggiunta, ma non possono sostituire l’uso della cappa in presenza di agenti chimici pericolosi.
Come funzionano le cappe chimiche?
Una cappa chimica è essenzialmente una cabina dotata di un sistema di aspirazione forzata. Il suo funzionamento può variare in base alla tipologia, ma in generale:
- L’operatore lavora attraverso una finestra (vetro scorrevole).
- L’aria entra dalla parte frontale della cappa e viene aspirata.
- I vapori prodotti all’interno vengono catturati e:
- Espulsi all’esterno (cappe canalizzate).
- Trattenuti da filtri e l’aria depurata viene reimmessa (cappe filtranti).
La velocità dell’aria all’ingresso è un parametro critico. In media, una buona velocità frontale va da 0,4 a 0,6 m/s, ma è più importante garantire un buon contenimento piuttosto che un valore numerico fisso. È infatti obbligatorio effettuare un test di contenimento alla prima installazione e poi periodicamente.
Tipologie di cappe chimiche
1. Cappa chimica canalizzata (ducted fume hood)
- Collegata a un sistema di espulsione verso l’esterno.
- Ideale per quantità elevate di solventi o gas tossici.
- Manutenzione semplice (nessun filtro da sostituire).
- Svantaggio: necessita di impianto fisso.
2. Cappa chimica filtrante (ductless fume hood)
- Non richiede canalizzazione.
- Trattiene i contaminanti tramite filtri a carbone attivo o HEPA.
- Ideale per ambienti senza impianto di aspirazione centralizzato.
- Più versatile, ma richiede manutenzione e monitoraggio dei filtri.
3. Cappe walk-in o a grande volume
- Cappe di grandi dimensioni per attrezzature ingombranti o reattori.
4. Cappe specialistiche
- Progettate per sostanze specifiche: acido fluoridrico (HF), formaldeide, iodio, ecc.
Quali filtri usano le cappe chimiche?
Le cappe chimiche filtranti utilizzano principalmente due tipologie di filtri:
🔹 Filtri a carbone attivo
- Trattengono vapori organici, solventi, gas acidi, ammoniaca.
- Devono essere scelti in base al tipo di contaminante (esistono carbone specifico per aldeidi, formaldeide, acidi, basi, ecc.).
- Durata: variabile da 6 a 18 mesi in base a uso e concentrazione.
🔹 Filtri HEPA
- Utilizzati in combinazione per trattenere particelle solide o polveri pericolose.
- Meno comuni in ambito esclusivamente chimico, ma presenti in cappe miste o ibride.
🔸 Importante: I filtri devono essere sostituiti regolarmente e controllati con strumenti appositi (come sensori di saturazione o test di efficienza), altrimenti la cappa perde completamente la sua efficacia.
Buone pratiche d’uso
- Verificare che la cappa sia accesa e funzionante prima di ogni utilizzo.
- Mantenere il vetro frontale chiuso il più possibile.
- Non creare correnti d’aria (es. aprendo finestre vicino alla cappa).
- Non usare la cappa per stoccare sostanze chimiche.
- Effettuare la manutenzione annuale obbligatoria.
- Non sovraccaricare l’area di lavoro con oggetti che ostacolano il flusso d’aria.
Differenze tra cappe chimiche e cappe biologiche
Le due tipologie di cappe sono profondamente diverse per struttura e finalità. Ecco un confronto sintetico:
Caratteristica | Cappa chimica | Cappa di sicurezza biologica (BSC) |
Protezione prodotto | ❌ No | ✅ Sì |
Protezione operatore | ✅ Sì (chimica) | ✅ Sì (biologica) |
Protezione ambiente | ✅ Sì | ✅ Sì |
Contaminanti trattati | Vapori chimici | Agenti biologici (virus, batteri) |
Sistema filtrazione | Carbone attivo, HEPA | HEPA (classe II e III) |
Espulsione esterna | Sì (canalizzate) | Solo alcuni modelli |
Classe normativa | Nessuna classificazione a classi | Classe I, II, III |
Uso tipico | Chimica, solventi, acidi | Microbiologia, virologia, colture |
Conclusione: cappe chimiche, quando usarle e perché
Le cappe chimiche non sono un’opzione: sono una protezione essenziale in qualsiasi laboratorio dove si utilizzano sostanze volatili, solventi organici o gas tossici. Sono obbligatorie per legge in molte situazioni e rappresentano una barriera fondamentale contro l’esposizione chimica, contribuendo a creare un ambiente di lavoro sicuro.
A differenza delle cappe biologiche, non proteggono il campione, ma si concentrano sulla protezione dell’operatore e dell’ambiente da agenti chimici. La scelta tra cappa chimica canalizzata o filtrante dipende dallo spazio disponibile, dalla tipologia di reattivi utilizzati e dalla frequenza d’uso.
Un uso consapevole, un controllo regolare dei filtri e una manutenzione puntuale sono gli elementi fondamentali per garantire massima sicurezza e durata nel tempo.